

Questa bella chiesa sorge su di un ampio terrazzo panoramico che domina il lago e il promontorio d’Orta. Vale veramente una vista per la bellezza e la ricchezza delle sue decorazioni interne, affreschi, stucchi e marmi pregiati. Tutto in stile rigorosamente neoclassico. Il santuario è dedicato alla Vergine, apparsa il 28 marzo 1543 a Giulia Manfredi, una giovane pastorella muta, tra i rami di un albero di pruno (bòzzolo in dialetto) mentre la ragazza pregava presso un’edicola mariana affrescata.
L’affresco miracoloso venne successivamente trasportato sull’altare che oggi vediamo. L’attuale chiesa, dalla pianta centrale di forma assai particolare e inconsueta per il territorio, risale alla seconda metà del XVIII secolo mentre il grandioso ciclo d’affreschi fu realizzato dal lombardo Agostino Comerio (1784 – 1834) tra il 1820 e il 1824. Si tratta di storie tratte dalla Bibbia, legate soprattutto alle sue principali figure femminili.
Tutte le pareti e le volte sono ricoperte da affreschi perfettamente conservati, un vero capolavoro d’età neoclassica, unico in tutto il territorio novarese. I colori vivi e sgargianti, le figure caratterizzate da una ricca ed eloquente gestualità sono una caratteristica tipica del loro autore. Tra le scene principali troviamo: “Il generale Jefte incontra la figlia”, in controfacciata, mentre sulla volta un bellssimo “Sogno di Giacobbe” dalle suggestioni già romantiche. Sulle pareti della navata troviamo a destra “Le donne di Israele festeggiano la traversata del Mar Rosso”, a sinistra “Giuditta mostra al popolo d’Israele la testa di Oloferne”, soggetto assai amato nella storia della pittura.
Nel presbiterio, gli episodi biblici di “Abigail placa l’ira di Davide” e “Incontro tra Tobia e Sara” (a destra), “Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia” e “Daniele condanna a morte i due accusatori della casta Susanna” (a sinistra), “L’angelo appare a Manua durante l’olocausto” nella parete dietro l’altare. Sopra quest’ultima scena è raffigurato l’evento miracoloso occorso a Giulia Manfredi mentre pregava al capitello.
Anche l’altare in marmo bianco di Carrara (1825) e la balaustra (1830) che lo delimita sono due veri capolavori d’età neoclassica, disegnati dal giovane architetto Giulio Aluisetti di Intra il quale decise di collocare l’affresco mariano cinquecentesco all’interno di una candida cornice marmorea, quasi fosse un quadro. Le due statue laterali, raffiguranti la Potenza e la Clemenza, sono opera di Luigi Marchesi, fratello del più noto scultore Pompeo e autore di numerose sculture per il Duomo milanese.
Nella cappellina di destra i devoti possono pregare davanti alla reliquia del sacro Bòcciolo, ovvero ai cinque frammenti del famoso pruno giunti fino a noi, rinvenuti nel primo Ottocento all’interno del vecchio altare che fu poi collocato nella chiesa parrocchiale di S. Antonio Abate. All’esterno, la facciata presenta un maestoso pronao (metà XIX secolo) sorretto da quattro grandi colonne di granito di Baveno, aggiunta dell’architetto Molli di Borgomanero. Sulla trabeazione si legge il verso di un Salmo “Gloriosa dicta sunt de te” dedicato alla Vergine, ma in origine indirizzato alla città di Gerusalemme.
La facciata ha subito infatti vari abbellimenti dal 1820 in avanti, conseguenza di un rapido alternarsi di gusti. Nel 1922 fu fatto costruite il campanile, opera dell’architetto Carlo Nigra; vennero poi aggiunti vari elementi decorativi in occasione dell’Anno Santo 1933. All’interno fu appeso un grande lampadario in vetro di Murano tutt’ora visibile.
Aperto durante le funzioni e in alcuni periodi dell’anno.
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